Home / Recensioni / In sala / DOGMAN di Matteo Garrone

DOGMAN di Matteo Garrone

dogmanTra i tanti episodi macabri e violenti che hanno riempito la cronaca nera romana, due sono entrati largamente nell’immaginario collettivo. Ci riferiamo, ovviamente, ai noti fattacci del Nano di Termini e a quelli, ancora più celeberrimi e crudeli, del Canaro della Magliana. Dal primo, un giovane Matteo Garrone, ne trasse nel 2002 la sua bellissima opera seconda, L’imbalsamatore, che gli consentì di imporsi come promessa del nuovo cinema d’autore italiano. A distanza di sedici anni, il regista romano, ormai solida realtà del nostro cinema, sceglie di raccontarci anche quella sporca storiaccia che vide un mite toelettatore di cani, trasformarsi in uno spietato torturatore e assassino.

In una periferia sospesa tra metropoli e natura selvaggia, dove l’unica legge sembra essere quella del più forte, Marcello è un uomo piccolo e mite che divide le sue giornate tra il lavoro nel suo modesto salone di toelettatura per cani, l’amore per la figlia Alida, e un ambiguo rapporto di sudditanza con Simoncino, un ex pugile che terrorizza l’intero quartiere. Dopo l’ennesima sopraffazione, deciso a riaffermare la propria dignità, Marcello immaginerà una vendetta dall’esito inaspettato.

Dogman, in concorso al 71esimo Festival di Cannes, è un film potente, affascinate, dolce e terribile. Mai l’estetica e lo sguardo di Garrone è apparso così a fuoco ed efficace nel raccontare l’ennesima storia di degrado e umanità che tanto interessa il regista già vincitore di due Grand Prix a Cannes. Ma se la cronaca ci aveva mostrato come l’animo umano fosse capace di ospitare qualità opposte, come il bene e il male o la grazia e l’efferatezza, Dogman appare più intenzionato a restituirci un protagonista incapace di perdere il suo candore e la sua tenerezza. Aspetti così propri della sua natura che gli rimangono attaccati anche nel momento di massima violenza. Così facendo, Garrone scorge il bello nell’orrendo, nel degrado e nella solitudine, nonché la bontà e l’innocenza anche se imbrattate di sangue e disperazione.

Con un primo atto magnifico, Dogman, ci conduce su di un litorale imprecisato – dovrebbe essere quello laziale, ma il film è girato in Campania – più simile a un pianeta inesplorato e sconosciuto, più che a un luogo ameno e ai margini, abitato da un’umanità semplice e povera. La macchina da presa di Garrone si muove sicura in tale contesto, fotografando ciò che solitamente sfuggirebbe a uno sguardo privo di compassione e curiosità, senza cadere in giudizi facili o scontati. Questo punto di vista permette allo spettatore di accogliere questa realtà per ciò che è, accettandone le contradizioni che la vogliono dura e degradata, così come innocente e pura. È tutto un equilibrio tra opposti che la pellicola riesce a restituire con estrema forza ed eleganza: Marcello è buffo e tenero quando si prende cura dei suoi cani o quando fa immersione con la figlia, ma lo è anche quando spaccia cocaina o fa il palo per una rapina in un appartamento ricco e borghese. Situazioni decisamente in contrasto, eppure, il tono resta il medesimo. La dualità che emergeva dal fatto di cronaca di trent’anni fa, colma di quel significato che dimostra come nella situazione sbagliata anche l’uomo più buono al mondo può diventare un demonio, qui è ribaltata. Tutto ciò a cui si assiste, difatti, è filtrato dalla vitalità dolcissima del suo protagonista, il quale non può che essere ciò che è, pure in situazioni criminali e violente. Marcello è buono e resterà tale anche quando il sangue scorrerà sulle sue mani. Sangue appartenente all’abitante peggiore di quel pianeta, un essere capace solo di male e che del male sarà rappresentante fino alla fine.

Simoncino, l’ex pugile strafatto e imprevedibile, è l’opposto di Marcello: quando appare, porta con sé l’inquietudine che gli appartiene, nonché la desolante irrazionalità di chi non conosce altro codice che la violenza. Insieme, Marcello e Simone, regalano, a chi osserva, un miscuglio di emozioni opposte – appunto potenti e in contrasto, sostenute e unite da un senso estetico magnifico e da una profonda conoscenza cinematografica.

In attesa di assistere all’annunciato Pinocchio, Matteo Garrone, si conferma un autore centrato e assolutamente capace di realizzare opere che resisteranno all’incedere del tempo. E questa è davvero una buona notizia.

Paolo Gaudio

DOGMAN

Regia: Matteo Garrone

Con: Marcello Fonte, Edoardo Pesce, Nunzia Schiano, Adamo Dionisi, Francesco Acquaroli, Alida Calabria, Gianluca Gobbi

Uscita sala in Italia: giovedì 17 maggio 2018

Sceneggiatura: Ugo Chiti, Massimo Gaudioso, Matteo Garrone

Produzione: Archimede, Le Pacte, Rai Cinema

Distribuzione: 01 Distribution

Anno: 2018

InGenere Cinema

x

Check Also

IL PROGRAMMA COMPLETO DEL 44° FANTAFESTIVAL: Dal 27 novembre all’1 dicembre a Roma

Giunto alla XLIV edizione, il FANTAFESTIVAL è pronto a spiegare le sue ...